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Sunday, August 29, 2010

Alessandro Baricco, I Barbari- semi-recensione

Baricco l'ho sentito la prima volta nel lontano 1994, quando vivevo ancora in Italia e vidi la prima puntata del programma letterario Pickwick, su RAI 3. Mi colpi' col suo esordio, una lettura di un brano che si trova verso la fine di Almayer's Folly, del mio beneamato Joseph Conrad. Sicuramente influi' non poco che il ragazzo (ormai ex-ragazzo adesso) era attraente. Anche l'occhio eccetera eccetera.

Be', da allora, come un po' tutti sappiamo, il torinese cortese ma non falso ha riscosso parecchio successo, sia con la narrativa che con la saggistica. Devo ammettere che con la difficolta' di reperire opere in lingua qui in America ne leggo pochini di libri stampati di scrittori italiani (ma ovviamente leggo molto di piu' sulla rete). Dunque non ho letto neanche uno dei suoi famosi romanzi.

Comunque. Controllando il sito de La Repubblica come faccio tutti i santi giorni, ho notato la settimana scorsa che il Nostro ha scritto una specie di aggiornamento a un suo libro di saggistica che si chiama I barbari, del 2006, pubblicato inizialmente a puntate dal suddetto giornale. Siccome la tematica del libro mi interessa moltissimo, sono andata a cercarmi il testo su Internet.

Come si potrebbe prevedere, le puntate originarie sono scomparse dal sito de La Repubblica (anche dal cache, ho controllato). Ma sono riuscita a trovare le prime otto puntate come link su un blog, e dunque le ho lette tutte d'un fiato (con una pausa per la palestra e la pastasciutta post-palestra). E per questo che il post e' una semi-recensione.

Il libro tratta di un fenomeno importantissimo rilevato da molti: il cambiamento antropologico in atto ai nostri giorni. Nella fattispecie, la perdita della profondita' a discapito della superficialita', o come lo definisce sinteticamente l'autore, "perdere l'anima". Per orientarsi su questo difficile argomento, Baricco sceglie di impostarlo esaminando il prima e dopo di tre soggetti: vino, calcio e libri.

Sono arrivata solo al primo. Innanzitutto Baricco, che ha spesso un fare da pedagogo paziente, fa un paragone del vecchio vino (italiano e francese) col nuovo vino (sopratutto californiano). Inizia purtroppo con una "spiegazione storica" completamente errata, secondo la quale gli Stati Uniti non avevano nessuna tradizione vinicola prima degli anni Sessanta dello scorso secolo. Lo avevano invece gia' dall'Ottocento.

Altro errore madornale su Google come simbolo del nuovo. Baricco spiega a lungo in una delle sue conferenze sul libro che la struttura del famoso motore di ricerca era una trovata ex novo, rivoluzionaria. Non e' vero. Quelli di Google si sono rifatti in modo decisivo al concetto di impact factor di Eugene Garfield, gia' in uso da tempo per stabilire una gerarchia delle pubblicazioni scientifiche.

Questi abbagli nuocciono alla credibilita' dell'autore, non c'e' che dire. Per non parlare del fatto, che dovrebbe essere lampante, che chi scrive, legge ed analizza una tale tematica necessariamente rientra nel campo dei "profondi", dunque dei non-barbari. A che scopo allora l'elogio nel recente articolo secondo il quale non c'e' da spaventarsi per la superficialita' a venire (a venire?). Il problema della superficialita' e' che il superficiale per propria natura non puo' essere analizzato, ne' criticato, e che dunque lascia l'individuo e la societa' superficiali alla merce' della stasi, del non-cambiamento consapevole. Un po' come per gli animali e le macchine. O peggio ancora, ci lascia come oggetti inermi di forze politiche ed economiche occulte- tutt'altro che superficiali. Se c'e' da chiedersi cui prodest questa innegabile mutazione, e' proprio da queste forze che bisognerebbe cominciare.